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Intervista al prof. Bruno sul Giornale di Sicilia sul sequestro del polo petrolchimico a Siracusa

 

 

Da Il Giornale di Sicilia – 22 luglio 2017

 

Lo spettro della chiusura degli impianti è lontano, mentre i provvedimenti cautelari richiedono solo gli interventi necessari a rendere ecocompatibile la produzione del petrolchimico di Siracusa. Lo spiega il professor Francesco Bruno, avvocato dello studio legale Pavia e Ansaldo e docente di diritto ambientale presso l’Università La Sapienza di Roma e l’Università del Molise.

Professore, cosa accade a Siracusa?

Il provvedimento emesso dalla magistratura è un sequestro condizionato: la Procura ha sequestrato l’impianto condizionando la possibilità di continuare la produzione all’adempimento di alcuni interventi di tipo ambientale. Dei tecnici della magistratura hanno rilevato nelle loro perizie dati dai quali si evincerebbe che l’impianto sta inquinando l’aria, e di conseguenza per permettere di continuare l’attività produttiva è richiesto necessariamente di porre in essere le prescrizioni richieste, misure di tipo ambientali che servono a far sì che l’attività svolta sia compatibile con un livello della qualità dell’aria che sia salubre e non nuoccia ai cittadini.

Ma quindi all’impianto cosa succede? Viene chiuso?

No, per ora non succede niente dal punto di vista industriale. Questo sequestro condizionato dà 15 giorni di tempo all’azienda per accettare di mettersi in regola con un cronoprogramma degli adeguamenti. O in alternativa l’industria ha dieci giorni di tempo per presentare ricorso al Tribunale del Riesame. Inoltre la ditta ha la possibilità di chiedere una proroga, per fare le proprie perizie e verifiche per i propri esperti e valutare se le richieste della magistratura sono corrette e accettabili o se è il caso di fare ricorso in base ai propri dati. In tutto questo periodo non succede nulla all’impianto.

Che tempi ci sono perché si capisca se ci sono rischi o no?

Per questi casi non ci sono termini prefissati, ma mi sembra verosimile che entro l’estate si arrivi a una risoluzione. O l’azienda accetta già subito le prescrizioni della magistratura, o se ci sarà ricorso io credo che comunque in poche settimane il Riesame si pronuncerà. Il che vuol dire che poi o l’azienda avrà avuto ragione o si adeguerà. Solo nel caso in cui le venga dato torto e rifiuti di adeguarsi allora può succedere che vengano a mancare le condizioni per proseguire l’attività produttiva.

È un rischio concreto? Un caso simile all’Ilva?

Assomiglia all’Ilva per quanto riguarda gli aspetti della necessità degli adeguamenti alla compatibilità ambientale, ma ci sono anche molte differenze. Con l’Ilva, oltre a tutta un’altra serie di noti problemi di altro genere, c’era stata una violazione della autorizzazione ambientale, mentre qui non se ne parla. Per quanto riguarda l’entità del rischio, io non lo so, però mi sembra che qui si tratti prevalentemente di odori e di necessità di filtri.

Come funzionano queste norme in Italia rispetto al resto d’Europa?

Il diritto ambientale è comunitario, quindi le normative ambientali funzionano allo stesso modo in tutta la Ue. Quella che è diversa è la procedura penale, per cui qui da noi esistono e sono spesso utilizzate queste misure cautelari come il sequestro condizionato, mentre in Europa si sarebbe entrati subito nel merito, coinvolgendo dal primo momento l’impresa nello studio dei problemi e delle soluzioni. Da noi invece la magistratura supplisce rispetto ai pubblici poteri (questo è un caso che forse doveva essere affrontato dalla Pubblica amministrazione) e in questo modo le imprese si trovano coinvolte solo a cose fatte.

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