Dic 28

La riforma dei reati agroalimentari e i profili di responsabilità dell’ente. L’analisi del Prof. Francesco Bruno

E’ attualmente in discussione al Senato il disegno di legge governativo (DDL S n. 283) rubricato “Nuove norme in materia di reati agroalimentari”. Nella Newsletter realizzata da 24ORE Professionale (Il Sole 24 Ore) per MeliusForm Business School il professor Francesco Bruno, Ordinario di diritto alimentare all’Università Campus Bio-medico di Roma e avvocato, ne analizza pregi e criticità.

Il prof. Bruno, nella sua analisi, parte del contesto economico. «Rammentiamo sinteticamente il contesto economico in cui si inserisce la proposta di riforma. Il settore alimentare, insieme al fashion e alla meccanica, integra la vera spinta propulsiva del nostro Paese. La trasformazione alimentare rappresenta il primo settore industriale d’Europa, con oltre 1.050 miliardi di euro di fatturato e 4,3 milioni di addetti. In Italia, la trasformazione alimentare costituisce la seconda “industria”, dopo il settore metalmeccanico, con 127 miliardi di fatturato, dei quali 23 miliardi vanno all’export, oltre 410mila addetti e 6.500 imprese (i dati non sono aggiornatissimi, ma danno una idea della rilevanza del comparto). Nell’ultimo decennio, l’industria alimentare ha registrato una crescita di oltre il 10%, a fronte di un decremento dell’industria manifatturiera nel suo complesso. La quota di ’“export” dell’industria alimentare sta crescendo significatamente, proprio sull’assunto dell’importanza dell’immagine del made in Italy. La nostra immagine (ancora), frutto del connubio tra bellezza, arte, natura e cibo, è una fonte di marketing per i nostri prodotti imprenscindibile, soprattutto nei mercati c.d. emergenti. Inoltre, si tratta di un settore anciclico, come si è avuto modo di vedere durante le crisi del debito (prima privato, poi pubblico) nel 2007-2011 e ora con il convid-19. Vi sono però rilievi negativi che possono essere fatti: l’incidenza export/ fatturato del settore, malgrado le forti potenzialità e la grande immagine del made in Italy, si ferma a circa il 20 %: una percentuale inferiore a quella di Francia e Germania. Pertanto, la nostra produzione è troppo legata a dinamiche interne sui consumi. Inoltre, vi è una forte frammentazione e un dimensionamento non ottimale delle imprese (a livello agricolo e di trasformazione) e ciò crea, per un verso, una difficoltà di competere nei mercati internazionali (e si è perdenti soprattutto nei confronti dei Paesi che riescono meglio a presentarsi con aziende più performanti e grandi, come la Francia)».

Il professore si concentra poi sulle modifiche alla legge n. 283/1962 che assumerà un ruolo centrale (quasi) esclusivamente per le contravvenzioni, approfondendo nel dettaglio la (potenziale) novella del d.lgs. 231/2001 e il modello “speciale” per le imprese agroalimentari.

Secondo Francesco Bruno, questa riforma, ispirata da esigenze di food safety, salute pubblica e tutela dei consumatori, si basa su tre pilastri:

 

  1. Rielaborazione della struttura delle fattispecie incriminatrici collegate all’esercizio dell’impresa alimentare;

  2. Introduzione di strumenti a scoraggiare e fronteggiare fenomeni particolarmente gravi di frode alimentare;

     

  3. (possibile) Estensione di tali reati nel novero dei reati presupposto ai sensi del decreto 231

     

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